In Italia, il parco veicoli è composto da mezzi che, sempre più spesso, superano la decade di vita. Questa situazione non solo pone questioni di efficienza e costi operativi, ma ha anche implicazioni rilevanti per la sicurezza stradale e l’ambiente.
Secondo i dati statistici, l’anzianità dei veicoli industriali italiani raggiunge cifre preoccupanti, con veicoli pesanti che superano i 14 anni di età. Ma perché è così importante abbassare questa media? E quali sono le ripercussioni di un parco veicoli tanto obsoleto?
L’anzianità dei veicoli rappresenta un indicatore chiave dello stato di salute del trasporto su strada nel nostro paese. Sebbene negli ultimi dieci anni la situazione sia migliorata, passando da una media di veicoli pesanti con circa 19 anni di vita[1] a circa 14, è altrettanto vero che ciò non è sufficiente. Se abbassare l’età media dei veicoli è molto importante per le automobili, lo è ancora di più per i mezzi commerciali e industriali, che assicurano i trasporti di merci su tutto il territorio nazionale e non solo.
Pertanto, la decisione di aggiornare il parco veicoli industriali non dovrebbe essere vista solo come un costo, ma come un investimento strategico per il futuro.
La situazione del parco veicoli industriali in Italia
L’età media del parco veicoli industriali in Italia rimane un punto critico per il settore dei trasporti, nonostante i tentativi di ammodernamento. Secondo l’Osservatorio del mercato veicoli industriali dell’UNRAE, Unione nazionale rappresentanti autoveicoli esteri, in Italia circolano 725.000 veicoli industriali con massa superiore alle 3,5 tonnellate. Di questi, il 50,4% è equipaggiato con motori precedenti Euro 4, ben al di sotto degli standard attuali richiesti dall’Unione Europea. L’età media dei mezzi pesanti, quelli oltre le 16 tonnellate, si attesta a 12,1 anni, mentre per l’intero comparto la media sale a 14,3 anni.
Nel 2023, le immatricolazioni di nuovi veicoli industriali hanno mostrato un incremento del 12,2% rispetto all’anno precedente, totalizzando 28.707 unità. La maggior parte delle immatricolazioni riguarda veicoli pesanti di massa uguale o superiore a 16 tonnellate: tutto ciò testimonierebbe una tendenza al rinnovo del parco veicoli con mezzi potenzialmente più sicuri ed efficienti. La predominanza è ancora di veicoli con motori diesel, che rappresentano il 96,2% delle nuove immatricolazioni, pone questioni relative all’impatto ambientale nonostante siano tecnologicamente più avanzati rispetto ai modelli più vecchi.
L’analisi regionale mostra che sono la Lombardia, il Veneto e la Campania le regioni con il maggior numero di nuove immatricolazioni, dunque, con una maggiore attenzione verso tale problematica. Si osserva una crescita ancora limitata dei veicoli elettrici e ibridi, che rappresentano solo una piccola frazione del totale delle nuove immatricolazioni.
Conseguenze di un parco veicoli anziano
L’età avanzata del parco veicoli industriali in Italia porta con sé una serie di implicazioni che non possono essere trascurate. Questi effetti si manifestano principalmente nella sicurezza stradale, nell’impatto ambientale e nei costi operativi.
Veicoli vecchi e incidenti
L’anzianità dei veicoli industriali è strettamente correlata alla sicurezza stradale. I mezzi più vecchi sono più soggetti a guasti meccanici e a problemi tecnici che possono causare incidenti. Componenti fondamentali come freni, sospensioni e sistemi di sterzo tendono a deteriorarsi con l’età, riducendo la capacità del veicolo di rispondere in maniera adeguata durante situazioni critiche.
Inoltre, i veicoli più vecchi spesso mancano delle tecnologie moderne di sicurezza presenti nei modelli più recenti. Sistemi avanzati di assistenza alla guida, come il controllo elettronico della stabilità (ESC), il sistema di frenata automatica d’emergenza (AEB) e i dispositivi di rilevamento dei punti ciechi, sono assenti nei veicoli più datati. Questi sistemi non solo riducono il rischio di incidenti, ma possono anche diminuire la gravità delle collisioni, proteggendo sia i conducenti che gli altri utenti della strada.
Emissioni di CO2 e inquinamento
Un altro effetto significativo dei veicoli industriali meno recenti riguarda l’ambiente. I veicoli datati tendono ad essere meno efficienti dal punto di vista delle emissioni, contribuendo maggiormente all’inquinamento atmosferico. Le tecnologie di riduzione delle emissioni, come i sistemi di trattamento dei gas di scarico, sono meno avanzate o addirittura assenti nei veicoli più vecchi. Questo si traduce in un maggiore rilascio di sostanze nocive come ossidi di azoto (NOx) e particolato, che hanno impatti negativi sulla qualità dell’aria e sulla salute pubblica.
Inoltre, le normative europee e italiane sulle emissioni sono diventate sempre più stringenti. I veicoli che non rispettano questi standard possono incorrere in restrizioni relativamente alla circolazione, specialmente nelle aree urbane con elevate problematiche di qualità dell’aria. Questo non solo limita l’operatività dei veicoli più anziani, ma costringe anche le aziende a considerare costi aggiuntivi per aggiornare o sostituire i loro mezzi.
Manutenzione, riparazioni e costi di carburante
I veicoli industriali datati richiedono una manutenzione più frequente e costosa. Con l’aumentare dell’età del veicolo, aumenta anche la probabilità di guasti e malfunzionamenti. Questi interventi di manutenzione non solo comportano costi diretti per le riparazioni, ma causano anche tempi di inattività che possono interrompere le operazioni aziendali, riducendo l’efficienza complessiva.
Inoltre, questo tipo di veicoli tendono ad avere un’efficienza del carburante inferiore rispetto ai modelli più recenti. Le nuove tecnologie di motorizzazione, presenti nei modelli più recenti, offrono un migliore rendimento del carburante con minori consumi e quindi un minor impatto ambientale.
[1] Dati ACI 2011